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Blog di un web writer freelance

Sacred Reich.The American Way (recensione disco)

sacred reich, american way, thrash metalTra la fine degli anni ottanta e i primi del 1990 il movimento thrash vive il periodo migliore grazie all'esplosiva epopea nata e cresciuta con Anthrax, Metallica, Megadeth e Slayer per citare i nomi più noti. Un genere che per molti anni si è evoluto e sviluppato grazie alle loro pregevoli incisioni, tutte dall'indubbio valore, ma che allo stesso tempo ha visto emergere sommessamente una schiera di giovani gruppi agguerriti ed intenzionati a fare le scarpe ai grandi nomi. Una fucina di nuove leve che comincia a far sentire la propria voce nei ristretti circuiti underground.
Sono gli anni in cui muovono i primi passi gente come Xentrix, Forbidden, Death Angel, Vio-lence, Flotsam and Jetsam e soprattutto i Sacred Reich.
Questa è l'avanguardia di quella che sarà in breve tempo la nuova linfa vitale del movimento thrash metal. Gruppi nati più per l'impeto della giovane età e la voglia di fare musica che per il cercare un facile successo, in molti casi capaci di regalare delle inaspettate sorprese discografiche. La palese dimostrazione è la realizzazione di ottime prime uscite molto spesso seguite da uno scarso successo tra i grandi network di allora. Risultati che fortunatamente hanno sempre cozzato con il positivo responso del pubblico e che grazie al supporto di fanzine e piccole etichette indipendenti sono riusciti ad emergere. Un contributo messo in campo grazie a notevoli sforzi economici che hanno favorito in modo consistente la distribuzione di molti dischi, in gran parte dei casi fatto per la sola passione visto lo scarso ritorno economico.
In questa scia di nuove realtà ecco apparire i Sacred Reich, un gruppo di ragazzini cresciuti a latte e Metallica, discograficamente nati nel 1987 con il grezzo e potente Ignorance seguito dal fondamentale EP Surf Nicaragua . Un esordio interessante parzialmente snobbato dalla intellighenzia delle major a causa della loro giovane età considerata come un limite alle capacità espressive e di conseguenza un muro insormontabile per la produzione di dischi in grado di reggere la concorrenza con le grandi bands. Nonostante ciò hanno saputo far tesoro degli insegnamenti dei maestri portando avanti il loro personale progetto musicale, infischiandosene delle critiche. Nel 1990 esce quello che da più parti è considerato il vero disco d'esordio: The American Way. 
Un capolavoro di tecnica e capacità compositive che ben figura tra le produzioni delle maggiori band di quegli anni. Un lavoro a lungo sottovalutato ed oggi fortunatamente preso nuovamente in considerazione, ricevendo i dovuti meriti che lo pongono nell'olimpo dei migliori dischi thrash metal di sempre. La formazione della band è composta da Phil Rind, bassista/cantante e mente del gruppo, Wiley Arnett e Jason Rainey alle chitarre, Greg Hall alla batteria.
Un combo di adolescenti che di li a poco sconvolgerà lo status quo dell'intero movimento metal.

 

http://www.metal-archives.com/images/5/3/4/534.jpgTHE AMERICAN WAY
E' il punto di rottura caratterizzato dalla qualità stilistica eccelsa e dalle tematiche importanti e dense di significati, strane a vedersi in un gruppo così giovane. I testi mettono da parte quegli argomenti lungamente sfruttati come le serate a base di party, birra, figa e casino; così come non è presente nessun riferimento ad occultismo da quattro soldi e argomentazioni pseudo sataniste.
I Sacred Reich parlano in modo semplice e forse anche ingenuo di problematiche che colpiscono e stimolano la mente di giovani ragazzi indubbiamente interessati al divertimento, ma con un occhio sempre attento su quanto accade nella realtà che li circonda. Non c'è niente di costruito nel loro songwriting critico e contrario alla politica americana di quegli anni; è la giusta e condivisibile ribellione antigovernativa di un manipolo di ragazzi che cerca di portar avanti le proprie idee attraverso la musica fatta di martellanti ritmiche e stizzose chitarre alternate a sontuosi ritmi pogatori. Il tutto condito da una voce potente e sempre aggressiva. Un mix nato forse per caso che a distanza di anni risulta essere ancora perfetto ed indubbiamente attuale tra quella popolazione di kids che oggi ascolta il metal dalle forme più pesanti e poco commerciali. Questa è la voce del popolo che in quegli anni cerca affannosamente una risposta alla commercializzazione di un genere che va via via diventando sempre più diffuso e conosciuto tra i media televisivi. Finire su MTV per qualcuno è una buona possibilità di aumentare le vendite, per altri come i Sacred Reich è uno svendere la propria creatività.

The American Way è indubbiamente la nuova strada per fare dell'ottimo thrash metal. Le sei corde si scaldano fin dai primi accordi di Love…Hate pronta a dimostrare fin da subito le capacità della band con un granitico brano che ben rappresenta il concetto di ibridazione tra il thrash metal e l' hardcore, allora spesso chiamato crossover, che comincia a diffondersi su tutte e due le sponde artistiche (quella heavy e quella hardcore). I ritmi aggressivi ed incalzanti di una batteria tipicamente mosh esplodono in un Love…Hate is it One in the Same, l'urlo di una band pronta a dichiarare guerra all'ambiente musicale in cui è nata.
Aggressiva.
Segue The American Way, il manifesto del Sacred Reich pensiero dichiarato in modo violento con un brano di denuncia che non fa sconti a nessuno osando fino a quando si può. Anche se non è mai stato dimostrato è forse questa la causa del parziale ostracismo che la band ha dovuto subire. Un brano che meglio di tutti racchiude le potenziali artistiche della band. Tutte le caratteristiche fondamentali del thrash sono qui ben evidenziate: ritmica potente, assoli sempre precisi ed incisi, voce che in modo imperioso esalta il tutto.
Un piccolo capolavoro.
Un riff ben marcato da il via alla terza song, The Way It Is , caratterizzata da un chorus vagamente melodico in cui la ritmica va ad anticipare le stilettate chitarristiche. La vocalità è messa parzialmente da parte a favore di sonorità sempre più tecniche. Il risultato è un brano carico di pura energia e privo di cali di tono, simile ad un'avvolgente cascata di elettricità.
Tecnico e potente.
L'amalgama tra ritmica pesante e assoli ultra tecnici è il tratto distintivo del disco, il marchio di fabbrica dei Sacred Reich che in Crimes Against Humanity trova il punto più alto. Una canzone dai lunghi e continui stop & go intercalati da tempi ossessivi, riff taglienti e sofisticate dissonanze in una sorta di calderone psicotico in cui la voce di Phil Rind raggiunge le vette più alte dando prova di potenza e robustezza.
Massiccia e virile come quel dopobarba per veri uomini.
State of Emergency si discosta parzialmente da quanto sentito fino ad ora pur non mettendo da parte l'aggressività musicale della band. Un brano che è quasi un intermezzo per il parziale calo di potenza a favore di una ritmica molto più orecchiabile. I Sacred Reich non sono solo furia metallara, ma anche melodia se pur diversa dal concetto che abbiamo di questo termine. Ennesima dimostrazione (quasi ce ne fosse bisogno) di tecnica e creatività che lascia spiazzato l'ascoltatore. Sei minuti che esaltano l'innata capacità della band di districarsi tra tecnicistici intrecci di chitarra e cambi di tempo così diversi da risultare inaspettati.
Tecnicamente intensa.
Who's to Blame è la canzone che non ti aspetti, carica di ipnotiche sensazioni ed atmosfere mistiche e compassate che ben presto cambiano di ritmo con repentine accelerazioni dando nuova vita alle asettiche atmosfere dei precedenti brani. Forse la più bella canzone del disco che nasce da una intro soave e vagamente soft, accompagnata nei passaggi successivi da una ruvidità vocale che ben si adatta a quelle piccole gemme di pura tecnica che la band è in grado di regalarci. Questo brano esprime la vera essenza dei Sacred Reich che, privati dei tanti fronzoli metallari, sono ora capaci di esprimere a pieno la loro immensa bravura di musicisti. Il tutto condito da una sensazione di nebbioso misticismo. 
Uno dei brani più belli del disco.
Gli azzardati incastri di I don't Know dalla tipica matrice hardcore non fanno che sottolineare la potenza della ritmica sempre lineare ed aggressiva. Un'iniezione di alto voltaggio che esalta le capacità della band dando ulteriore dimostrazione che con loro la tecnica non è mai lontana dalla fantasia vista la straordinaria capacità che ha la band nel creare, modificare e potenziare ogni brano.
Creativa ed ipnotica.
Chiude il disco 31 Flavours , un goliardico e scanzonato viaggio tra le reminiscenze acustiche dei grandi del passato. Tra basso slappato e sax vagamente jazzato risaltano quelle citazioni che ci rimandano a Ozzy, Sting, Mike Patton e Metallica.  Un allegro fancazzismo che tra sonorità funky e accordi discordanti chiude il tutto, così come una bevuta di birra tra amici chiude una qualsiasi discussione... tra risate e divertimento.
Degno e scanzonato epilogo.
Nel cd è presente una ghost track fatta di rumorosi accordi e cazzeggio elettronico, accompagnati da urla e risate di vario genere a dimostrazione che anche chi fa musica impegnata lascia sempre uno spazio per il divertimento. Il brano finisce tra le fragorose risate del vocalist e il resto della band. In fin dei conti è giusto portare avanti un disco con tematiche serie, così come è doveroso prendere una pausa per il puro cazzeggio da fare tra goliardia e alcolici saluti.

Sono passati venti anni dalla data di pubblicazione, ma The american way sembra non risentire del passare del tempo. Nonostante i tantissimi cambi di stile, genere ed attitudine susseguitisi nel panorama metal questo disco risulta essere ancora attuale. Non tanto per l'originalità della musica proposta (a mio avviso una spanna sopra una gran quantità delle nuove incisioni) che ovviamente ha subito i cambiamenti del tempo, quanto per la capacità di esprimere un genere in un modo tutto nuovo. Lo stile è quello tipico del thrash metal dell'epoca, ma cambia l'attitudine così come il modo di esprimersi. La proposta musicale dei Sacred Reich era alquanto semplice: lontani dagli eccessivi intrecci di chitarra e dalla velocità a tutti i costi nei riff riuscivano a comporre brani con una struttura lineare e ben cadenzata, ma allo stesso tempo capace di alternare melodia e potenza con un risultato decisamente incisivo. Tutto questo accompagnato da liriche intelligenti e caustiche lontane dai vecchi e soliti cliché, ma capaci di stimolare l'attenzione di chi li ascoltava verso tematiche sociali e d'attualità soprattutto per l'aspra critica nei confronti della società americana e delle sue scelte politiche ed economiche.
A distanza di tanti anni è un po' difficile consigliare questo disco, non tanto perché il prodotto non merita di essere ascoltato, quanto perché può risultare musicalmente desueto. A mio avviso resta però una tappa fondamentale per le giovani leve che si avvicinano al metal ed è una ottima occasione di ritorno al passato per i vecchietti che, come me, sono cresciuti ascoltando questa musica.
Da quanto scritto si è capito che reputo The American Way un capolavoro degno di far parte del gotha thrash metal. Un disco che merita un ascolto sempre e comunque, per capire e conoscere la parte meno nota del movimento thrash americano.
Da sentire ASSOLUTAMENTE.

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