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Blog di un web writer freelance

Minor Threah - Complete discography (CD)

minorthreatfront.jpg In un unico CD sono raccolti gli EP incisi tra il 1981e il 1985, l'album Out of Step del 1983 e le due tracce incluse nella compilation Flex Your Head pubblicata dalla loro casa discografica nel 1982. La formazione del gruppo nelle incisioni qui raccolte è:

Ian MacKaye – voce.
Lule Preslar – chitarra.
Brian Baker – basso (tracce 1-14, 24-26), chitarra (tracce 15-23) .
Steve Hansgen – basso (tracce 15-23).
Jeff Nelson – batteria.

Esaminiamo il disco seguendo l'ordine dei brani presenti nel CD, leggermente sfasato rispetto la data di pubblicazione.

• Minor Threat – EP 1981 •
01,Filler
02. I Don't Wanna Hear It
03. Seeing Red
04. Straight Edge
05. Small Man Big Mouth
06. Screaming At A Wall
07. Bottled Violence
08. Minor Threat

E' l'anno dell'esordio con la storica etichetta Dischord Records: un'esplosione di velocità, energia e potenza nel puro stile hardcore in otto piccole gemme cariche di quella essenza compositiva che riuscirà a svilupparsi nel breve periodo di vita del gruppo dando il via ad una carriera fulminante e fondamentale, ma soprattutto innestando un processo evolutivo che coinvolgerà tutto un movimento.
Il manifesto di quella che diventerà in breve tempo l'antitesi del I hope I die before I get old caro alla My Generation dei Who; questo è l'inno alla positività forse troppo rabbiosa e carica di perplessità, ma sicuramente ben lontana dagli echi distruttivi delle generazioni precedenti. Filler è uno dei capolavori della band, quasi un inno. Il brano/manifesto del movimento HC per la sua rabbia atavica ora pronta ad esplodere in una sequenza di note prive di melodia e cariche di robusta vigoria. Basso, batteria, chitarra e voce sono un tutt'uno tra ripartenza ed accelerazioni. Apparentemente dissonate e scordata questa canzone è un evoluto grido che la band fa al mondo intero: questo siamo noi, questa è la nostra musica! I don't wanna hear it non rallenta il ritmo e la tensione e con l'ossessiva cantilena punk non fa che ripetere il titolo fino a diventare un tormentone ritmico. Seeing red parte sommessamente per diventare un'esplosione sonora e vocale, grezza e minimale in puro stile hardcore. Straight Edge è una delle prime composizioni punk che critica gli eccessi di droga e alcool tipici dello stile di vita lanciato dai Sex Pistols.
La dirompente disperazione interiore continua nella successiva Small man, big mouth. La struttura del brano è la solita con le ritmiche assordanti ed il cantato incazzato come base portante.

A posteriori questa canzone si può considerare come un involontario avo del metal da strada tipico di band come i Pantera per la ruvidità del cantato. Screaming at a wall pur mantenendo inalterate velocità ed intensità, è il primo passo che consente ai Minor Threat di distaccarsi dal passato punk orientando il sound verso sonorità metalliche e grezze. Riaffiorano le influenze con i non troppo vaghi accenni ai New York Dolls e gli Stooges. 
Bottled violence segue questo schema arricchendosi di progressive rullate di batteria e di devastanti assoli di chitarra apparentemente sfilacciati dal tessuto del pezzo; la trama compositiva è visibile nonostante le dissonanze per la pressante e granitica presenza della ritmica che circonda i ritornelli presenti nella parte centrale della canzone.
Minor Threat nato come manifesto descrittivo del gruppo è il brano più rilassato grazie alle sonorità che richiamano i tempi del college. La voce ancora una volta da il massimo con la sua dolorosa espressività carica di rimpianti.
In questa atmosfera tra la disperata rabbia giovanile e le rimembranze dei vecchi maestri del passato si leva alto lo storico ritornello: We're not the first, I hope we're not the last/ Cause I know that we're all heading for the adult crash/ .../ We're just a minor threat.

• Flex Your Head - 1982 •
09. Stand Up
10. 12xU

Flex Your Head è una compilation fondamentale che raccoglie il meglio della scena hardcore di Washington Dc con nomi del calibro di State of AlertGovernment Issue e Youth Brigade per citare i più noti, la rendono una delle migliori e e più complete nel settore. Pubblicata dalla Dischord Record nel 1982 è stata successivamente ristampata nel 1993.
I Minor Threat sono presenti con Stand Up e 12xU cover dei punk rocker britannici Wire

• In My Eyes – EP 1981 •
11. In My Eyes
12. Out Of Step (With The World)
13. Guilty Of Being White
14. Steppin' Stone

Secondo EP uscito a breve distanza dal predecessore da subito un'inaspettata quanto stupefacente dimostrazione di maturazione artistica; la crescita compositiva si mostra fin dai primi ascolti in quattro songs minimali e violente prive di fronzoli e delle timidezze degli esordi.
Si passa dalla Title Track in cui una poderosa chitarra ben messa in evidenza è sempre pronta ad incalzare il ritmo con un sapore vagamente hardrock, orecchiabile ed al tempo stesso strafottente, al furioso hardcore di Out of Step che comincerà a definire in modo marcato quello che finirà per essere il sound Minor Threat: voce tirata fino al limite a volte quasi urlata, assoli di chitarra lancinanti e violenza nell'esecuzione.
Guilty of Being White suscitò polemiche che portarono alla band accuse di razzismo per la sua colpevolezza di essere bianco, sempre negate da Ian MacKaye il quale dichiarò più volte di aver scritto il testo ispirato solamente dalla realtà vissuta all'epoca del college Wilson High Shool, istituto dove quasi il 70% degli studenti era nero.
Un inizio volutamente sporco da il via alla cadenzata e pogatoria Steppin Stone in un ritmo trascinante che rende impossibile star fermi; pezzo con richiami decisamente vicini al punk e al hardcore prima maniera.
Quando In my Eyes venne pubblicato la band si era già sciolta dopo solo dieci mesi d'attività.

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• Out of Step - LP 1983 •
15.: Betray
16.: It Follows
17.: Think Again
18.: Look Back And Laugh
19.: Sob Story
20.: No Reason
21.: Little Friend
22.: Out Of Step
23.: Cashing In

Dopo una pausa di due anni i Minor Threat ritornano con il primo e unico album, inequivocabile segno dell'avvenuta maturazione artistica ed allo stesso tempo testamento di una band che pur calcando le scene per un periodo ridottissimo riuscì a lasciare un'impronta indelebile. 
In diciassette minuti è concentrata l'essenza di una carriere breve ed intensa che non ha ancora visto realmente la fine perché evolutasi in altri grandi progetti.
Betray da il via a questo capitolo raccogliendo tutti gli elementi caratteristici dei Minor Threat: gli sconvolgimenti adolescenziali, il sound grezzo e minimale, la voce calda e prepotente, la melodia spesso messa da parte ma mai definitivamente accantonata. Una song complessa per gli intrecci di rullate potenti con ritmi sincopati dai continui stop&go sostenuti dalla ritmica massacrante. Un calderone carico di disagio, nevrosi ed alienazione sociale che ben si sposano con una crescita tecnica invidiabile.
It follows è un ritorno ai cori punk e alle cantilene goliardiche e scanzonate ora denudate e rese ruvide ed ingenuamente essenziali. Il modo più schietto per dimostrare il progressivo allontanamento da quel passato che continua ad essere ancora vivo e presente.Think again è un altro piccolo capolavoro fatto di continui passaggi tra basso e batteria, la voce coinvolgente che alterna la melodia dei ritornelli alle strofe cantate con la stessa velocità di una mitragliatrice, la chitarra rovente che unisce tutto diventando un collante solidissimo con il finale fatto di basso e chitarra ritmicamente alternati. Uno dei tanti brani che idealmente delinea i contorni di quello che sarà, anni dopo, la musica dei Fugazi il seguito del progetto di Ian MacKaye.
Look back and laugh è il nucleo centrale intorno al quale gravita tutto il concept del disco. Indubbiamente un lavoro evoluto e complesso al quale molte band attingeranno come fonte d'ispirazione.
Questa canzone più che essere cantata è recitata in modo sofferto se non addirittura urlata quasi a voler fare da contraltare alla roboante sezione ritmica sapientemente alternata ad una chitarra pungente come uno stiletto.
Sob story è un altro ritorno alla semplicità punk fatta di cori idioti e a volte demenziali ora fagocitati e digeriti e pronti ad essere “espulsi” in una chiave diversa e moderna, carica di rabbia incontrollata. Le due facce della stessa medaglia.
No reason è caratterizzata dalla ritmica totalmente diversa dal hardcore-style e quasi vicina al jazz pur mantenendo nella chitarra un punto di contatto con il passato. La voce sembra sciogliersi in una nuova ricetta avvolgendo basso e batteria per ricaricarli e renderli di nuovo potenti e vigorosi.
In Little friend basso e batteria stendono un ideale tappeto sonoro sul quale passeggia la voce priva di eccessi tecnici, ma sempre pronta a dar man forte alla chitarra che ora è solo l'accompagnamento della sezione ritmica, sempre più aggressiva ed incalzante. Out of step ripropone il brano del secondo Ep in un ideale campo di battaglia dove voce e chitarra si scontrano con la sezione ritmica in un'alternanza di violenza e riflessività sonora. Un manifesto che ben rappresenta il nuovo corso della band. Un altro piccolo capolavoro.

• Salad Days – 1985 •
24.: Stumped
25.: Good Guys (Don't Wear White)
26.: Salad Days

Settembre 1983. La reunion dura poco e con una esibizione live si chiude definitivamente la carriera dei Minor Threat pronta ora a trasformarsi in storia. Due anni dopo i quattro componenti della band sono già impegnati in altri progetti e carriere, ma nonostante ciò Nelson e MacKaye decidono di fare l'ultimo regalo a quanti li supportarono ed esce così Salad Days, un EP con tre brani incisi durante le session di registrazione del precedente Out of Step e accantonate per scelte divergenti sul materiale da pubblicare. 
Salad Days in origine era titolata Last song, ma in fase di registrazione del EP fu modificata perché il nome evocava gli anni della gioventù dove incoscienza e spensieratezza furono la base che portò alla creazione del progetto musicale.
La profonda malinconia data dal prendere coscienza del tempo che passa è il filo conduttore di questi ultimi tre brani, meno rabbiosi del passato e più ritmati. Una struttura dei pezzi complessa e ricercata che diventeranno gli antesignani della nuova scena hardcore degli anni '90, quella scena che MacKaye si troverà a frequentare con il nuovo progetto, i Fugazi. Good Guys Don't Wear White, cover del gruppo beat degli Standells, fa il verso a Guilty, Of Being White per sdrammatizzare e smorzare le polemiche che scaturirono dopo la sua uscita.
Il capolavoro del EP è però Stumped brano evoluto per l'epoca e capace di raccogliere in un minuto e mezzo armonie potenti e sincopate. La voce di MacKeye è quella dell'uomo che ha vissuto intensamente ed è ora in grado di raccontare le proprie esperienze sotto forma di confidenze. Un brano dal tono apparentemente leggero, ma ricco di emotività, grazia estetica e melodie ritmiche.

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