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Blog di un web writer freelance

Il Castello

Eugene Erwing (Robert Redford) è un generale pluridecorato per le missioni svolte in Vietnam, uomo d'azione distintosi non solo nella sanguinosa guerra che ha stremato gli Stati Uniti contro il pericolo comunista. La sua lunga carriera militare lo porterà ad azioni coraggiose anche durante la prima Guerra del Golfo. Un eroe divenuto, ben presto, una vera e propria leggenda tra i reparti dell'esercito americano, un uomo giusto e dai saldi principi morali che anteporrà sempre alle scelte imposte dall'alto quando ritenute errate, a costo di pagarne il prezzo. Per aver disobbedito ad un ordine ritenuto sbagliato, finirà per perdere quanto acquisito fino al quel momento, finendo inevitabilmente in un carcere militare chiamato il Castello.

Il Castello

Una condanna che equivale al disonore lo porterà allo stesso infimo livello dei carcerati suoi pari. Erwing è dotato di un grande carisma e di quella naturale autorevolezza che porterà i suoi compagni di detenzione a stimarlo e rispettarlo. In breve tempo il generale diventerà il punto di riferimento all'interno del carcere, basteranno infatti pochi giorni per far emergere il carattere di un condottiero, vincente quanto giusto. Sono questi gli aspetti che, poco alla volta, conquisteranno la fiducia dei suoi compagni di prigionia, anche dei più duri e oltranzisti.
Un atteggiamento inconsapevole che finirà per scatenare l'astio del direttore del carcere. Un'avversione dettata principalmente dall'invidia per quella carriera sfolgorante mai ottenuta e mai sfiorata. Il Colonnello Winter dimostra di essere un uomo duro e crudele, forse addirittura uno psicopatico, e la sua gestione del Castello è quanto mai discutibile.
Norme carcerarie completamente riviste secondo una personale logica sulla disciplina, pene e divieti assurdi a cominciare dal divieto di fare il saluto militare.

I forti ideali ed il senso di giustizia di Erwing non possono che cozzare contro questa parete di dispotismo e lo scontro fra le due personalità diventa inevitabile, degenerando al punto da portare i detenuti ad una vera e propria rivolta, con tecniche di guerriglia che solo uno stratega esperto poteva mettere in campo. Una battaglia senza esclusioni di colpi, portata avanti con coraggio ed altruismo da questo ritrovato esercito di reietti.

Un Redford in gran forma ritorna con un nuovo prison-movie, dopo lo strepitoso successo del memorabile Brubaker. Il carisma del grande attore si riflette in maniera del tutto naturale nel personaggio, facendolo risaltare sul resto del cast che, fatta eccezione per Gandolfini, vede uno stuolo di buoni comprimari. Il regista Rod Lurie ha volutamente scelto attori poco noti ed inesperti, per evidenziare l'atteggiamento reverenziale che i carcerati dovevano mostrare nei confronti di un mito dell'esercito americano. Atteggiamento ovviamente avuto anche sul set trovandosi di fronte ad uno dei mostri sacri del cinema mondiale.

James Gandolfini dimostra ancora una volta di essere all'altezza della situazione, prendendo vagamente a prestito la personalità di uno dei suoi personaggi meglio riusciti e di maggior successo. La cattiveria e la brutalità di Tony Soprano riaffiorano costantemente, se pur prive dell'indiscutibile carisma di cui disponeva il noto boss mafioso dell'omonima saga televisiva. Quello di Winter è un personaggio che soffre costantemente il ruolo dell'eterno secondo, corroso dall'invidia e dalla frustrazione per una carriera mai decollata. I tratti dello psicopatico vengono fuori con l'accentuarsi dello scontro tra i due protagonisti, in un crescendo di acredine e rabbia descritte magnificamente dall'attore italo americano.

Prison Movie ad alta tensione

La trama pur non brillando per originalità, riesce a mantenere alto il ritmo di un film che non annoia mai. Forse si scade leggermente verso la fine, quando viene messa in scena la battaglia tra carcerati ed il personale esercito del colonnello. Le azioni di combattimento sembrano uscite da un film di Rambo o Schwarzenegger , ma restano comunque piacevoli e coinvolgenti. In fin dei conti una strizzata d'occhio agli action movie non guasta e fornisce il giusto nerbo ad una storia che, fino a quel momento, focalizza maggiormente l'attenzione sugli aspetti psicologici dei protagonisti e sul loro scontro etico-morale.

Non c'è però solo questo; ad abbassare, proprio sul finale, il livello del film contribuisce il trito e ritrito “orgoglio nazionale”. Senza entrare nei dettagli, la vicenda finisce per concludersi con il classico patriottismo ed atto d'amore nei confronti della nazione. Non che questi sentimenti siano degni di critica o da condannare, ma onestamente annoiano e non coinvolgono.
Degna di menzione l'ambientazione del film alla quale si accosta una splendida fotografia.

Il Castello non si può certo annoverare tra i capolavori o tra il lavori meglio riusciti dei due superbi protagonisti, ma ha il pregio di non annoiare. I pregi elencati riescono a compensare i pochi difetti, riuscendo a creare un prodotto coinvolgente. Quanto basta per far passare in maniera piacevole le due ore di visione.

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